Anatomia dell’irrequietezza by Bruce Chatwin

Anatomia dell’irrequietezza by Bruce Chatwin

autore:Bruce Chatwin [Chatwin, Bruce]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2020-01-11T16:00:00+00:00


1970

IV

RECENSIONI

Per i riferimenti bibliografici delle opere

recensite, si vedano le Note alle recensioni

ABELE IL NOMADE

Arabian Sands e The Marsh Arabs di Wilfred Thesiger sono dei classici da porre accanto ai Travels in Arabia Deserta di Ch.M. Doughty. Ma il suo nuovo schizzo autobiografico Desert, Marsh and Mountain [Deserto, palude e montagna], pur attingendo largamente ai due libri precedenti, è più avvincente di entrambi. Il sottotitolo, «Il mondo di un nomade», è una spia degli intenti dell’autore. Il nomade in questione è lo stesso Thesiger, che viaggia a piedi o a dorso di cammello in Africa o in Asia, fra tribù che sono – o erano – perlopiù nomadi. A prima vista, il libro sembra una raccolta di brevi scritti di viaggio, illustrati con fotografie scattate da qualcuno dotato di un infallibile senso della composizione. Uno sguardo più attento rivela una dichiarazione di fede che aiuta non poco a spiegare la «strana coazione» da cui uomini come Wilfred Thesiger sono spinti a cercare, e trovare, la consolazione del deserto.

Era nato per viaggiare. Suo padre era ministro di Gran Bretagna a Addis Abeba. I suoi primi ricordi sono «di cammelli e di tende, di fiumi e di uomini armati di lancia». Il suo libro era Jock of the Bushveld, la bibbia infantile dell’Impero britannico. Per amici aveva attendenti e stallieri, che lo portavano a caccia o gli tenevano il pony. Tra i suoi era sempre un estraneo – lontano dai compagni di scuola quanto poi dai pochi connazionali, come Gavin Maxwell, che ebbero l’energia di seguirlo nei suoi viaggi. Una fotografia fatta a Eton mostra un volto già con i tratti del sognatore affascinato dall’orizzonte.

Tornò in Etiopia nel 1930 per l’incoronazione di Hailé Selassié. In seguito fece un viaggio attraverso il paese dei dancali, cugini primi dei fuzzy-wuzzies di Kipling e incredibilmente feroci. Trovò anche più di quanto aveva «sognato da ragazzo leggendo Jock of the Bushveld»; e, per inciso, incrociò le orme di Arthur Rimbaud, che quarant’anni prima aveva percorso in lungo e in largo quelle «routes horribles». Il viaggio in Dancalia diede l’impronta a una vita che è stata un perpetuo girovagare per luoghi selvaggi: nel Sudan, ufficiale del Political Service; nell’«Empty Quarter»; nelle paludi dell’Iraq meridionale; con i bakhtiari nella migrazione primaverile; con i curdi dello Zagros o i kafiri dell’Hindu-Kush; nello Yemen, mentre gli aerei di Nasser bombardavano i realisti yemeniti; tra i samburu, i mandriani del Kenya settentrionale, dove ora vive in una tenda, andando a caccia ogni tanto per nutrirsi.

Thesiger non fa mistero del suo convincimento che il mondo eroico dei nomadi pastorali sia migliore – moralmente e materialmente – della vita delle civiltà stanziali: «Tutto ciò che vi è di meglio negli arabi è venuto dal deserto». (In effetti, la parola arab significa «uno che abita in tende», in contrapposto a hazar, «uomo che vive in una casa» – con l’implicazione originaria che quest’ultimo è men che umano). Per Thesiger, quindi, è una vera catastrofe vedere i suoi vecchi amici beduini girare in automobile, vederli sedotti dagli «aspetti più futili e pacchiani della civiltà occidentale».



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